RECENSIONI

Bonaldo Ricci Favaron – Music for Zoe – 13/Silentes – 2023
su "Rockerilla"


Bonaldo Ricci Favaron – Music for Zoe – 13/Silentes – 2023
su "Rockerilla"
Qui il link.

Lucio Bonaldo – Concrete Union – Creative Sources – 2021
di Dionisio Capuano
su "Blow Up" #276, maggio 2021


L’imbroglio – Krar/Qelt – M.P. Records – 2007
di Andrea Rossi


Musica sperimentale, note non facili ma che riescono a penetrare nelle orecchie e nel cuore dell'ascoltatore, se quest'ultimo riesce ad avere la costanza e la diligenza di non spazientirsi. Di attendere. Questo potrebbe essere, in poche parole (e quanto mai riduttive), il resoconto dell'ascolto di "Krar / Qelt", secondo e nuovo lavoro dell'ensemble chiamato "L'Imbroglio" facente capo al batterista e flautista jazz Lucio Bonaldo. Poi si potrebbe partire per i percorsi di lunghe dissertazioni di genere: new age, jazz, cos'altro? C'è tutto, e (contemporaneamente) il contrario di tutto, in questo cd, originale ed antitetico rispetto alle proposte comuni dell'attuale musica. Non immaginatevi, tanto per intenderci, uno di questi 11 episodi strumentali in programmazione su Radio Deejay o su Mtv. Con tutto il coraggio possibile, nessun programmatore avrebbe l'ardire di inserire uno di questi esperimenti in un normale palinsesto radiofonico o televisivo. Ma vedrete, ne sono convinto, che questo cd raccoglierà comunque diversi consensi. Tanto per cominciare non tutto il pubblico si riconosce nella musica odierna, e quindi qualsiasi tentativo di cercare strade diverse, di battere percorsi alternativi è il benvenuto. In secondo luogo, L'Imbroglio non è per nulla un gruppo di sprovveduti. Qui ci sono fior di musicisti, a creare e tenere in vita questo progetto del tutto inusuale; e basterebbe solo questo particolare a rendere l'intero lavoro più interessante di quanto, magari, si potrebbe supporre ad un primo ascolto. Pure i titoli delle canzoni (canzoni?) contribuiscono a rendere il tutto misterioso ed "underground": 11 follie nomate YATR, REAK, ZOET, LINQ, HAAC, e via di questo tenore. Il cd inizia con la lunga "Yatr": ben 12 minuti abbondanti di ambientazioni lunari e sperimentali, nei quali gli strumenti paiono andare ognuno per la sua strada, creando un insieme caotico ma, a suo modo, straordinariamente equilibrato. E si prosegue con altri episodi simili e, contemporaneamente, unici. L'intro organistico di "Uxa" ci illude, per un attimo, di una sorta di "normalità", di un breve approdo sulla confortevole spiaggia di un brano "canonico". Niente di tutto questo, ovviamente: la tromba impazzita di Enrico Antonello ci riporta sulla luna, e sulla sua impossibilità di consuetudine, di regolarità. Difficile, davvero, esprimere un giudizio su questo disco. E' assolutamente il caso, stavolta più mai, che vi procuriate il cd, e vi facciate una vostra idea a riguardo. Con una sola premessa: qui non avrete mezze misure. O amerete alla follia questo disco, o lo getterete dalla finestra. A voi la scelta

L’imbroglio – Krar/Qelt – M.P. Records – 2007 

di Andrea Turetta
 

L’imbroglio è un insieme di musicisti certamente ricco di creatività e voglia di sperimentare. La dimostrazione è il loro album dal titolo “Krar/Qelt”. Un lavoro discografico che si compone di undici tracce musicali dove c’è spazio per l’improvvisazione e per degli accostamenti musicali decisamente inusuali. Questo gruppo musicale mette la sua anima nella musica che propone. Il disco richiederà certamente più di un ascolto per poter essere recepito in maniera più completa. Chi ama la new age, ma anche il jazz o la sperimentazione troverà certamente interessante questo un disco che si rivela per certi versi misterioso ed assai originale.Il cd inizia e dopo un po’ ti trovi invischiato, avvolto, catturato da un sound denso, originale, dove una struttura free-form figlia di certa improvvisazione, sposa un suono sperimentale, graffiante, dissonante . Il sound di base nasce dall’impasto delle ritmiche nervose , destabilizzanti ,con le lunghe trame chitarristiche , coaudiovato ora da un’ elettronica minimale, ora da una tromba a tratti classica, a tratti free…Una sorta di Henry Cow portati nei 2000 ; riferimento puramente d’intenti perchè il lavoro in questione non paga tributo ai gruppi guida del passato, ma metabolizzata la lezione guarda decisamente oltre.

L’IMBROGLIO - Dis/Integrato - M.P. Records 2010 ITA
di Roberto Vanali 


Sotto lo pseudonimo de L’imbroglio, si cela Lucio Bonaldo. Batterista e compositore veneto, non molto noto, ma con all’attivo alcuni lavori molto personali.
L’esordio nel giro progressivo, sempre come L’Imbroglio, è avvenuto con la partecipazione ai tributi della Mellow Records alla musica di Canterbury e ai King Crimson. Dopo due full length, tesi, difficili, vari e, ovviamente, senza successo alcuno: Nel 2005 “Introspettivo” e nel 2007 “Krar Qelt”. Il fatto di puntare coerentemente a proseguire il discorso intrapreso non ci fa che piacere, così possiamo assaporare questo Dis/Integrato, formato da quindici “pensieri sonori” come li definisce lo stesso autore. In effetti la variabilità di durata dai due minuti scarsi della più breve “La Marcia”, ai quasi dodici della più lunga “Chant Noir” rende proprio l’idea di una serie di spezzoni visionari e obliqui talvolta vicini al sogno, talvolta vicini al pensiero sfuggito e volante. All’interno, piccole impressioni musicali vicine all’intimismo minimale, ma anche furibonde sfuriate di free jazz e di improvvisazioni world-etnico-percussivo con forte incidenza della dissonanza e dell’elucubrazione sonora più ardita, ammiccando anche a forme noise di estrazione zorniana, al R.I.O. più beffardo, incostante e meno permissivo e al Canterbury softmachiniano della middle era.
Da ciò si può già capire che il lavoro è complesso e merita un ascolto approfondito e cosciente. Nulla è diretto o subisce tentativi di semplificazione, eppure le parti si innestano con semplicità stilistica di grande maestria, tramutando il tutto in una lunga opera senza soluzione di continuità.
Oltre al titolare del progetto oltre alla batteria e percussioni, si spinge anche alla tromba, altri diciassette strumentisti si alternano a creare i contorti e sognanti affreschi. Tra loro spicca il chitarrista Gi Gasparin, corresponsabile anche della scrittura di alcuni brani, come il pianista Federico De Pizzol.
Complessivamente sono gli aspetti più tormentati a colpire maggiormente. Sottolineo “Laing Opera” con echi della teatralità avanguardistica francese Wakhevitch, Chene Noir. “Ixzi” dove nonostante una serie di fiati tondeggianti non è permesso il superamento di una traiettoria introspettiva che inevitabilmente ricade su se stessa, arrotolandosi in un cupo e devastante scenario Zorn/Beefheart. La lunga e conclusiva “Chant Noir” dove l’avanguardia viene coperta e scoperta di drappi, presi da minimalismi contemporanei, da sequenze di note che riportano a qualcosa di noto, che tentano di creare un approdo sicuro, ma che in realtà sono parte di un’onda sonora, che può solo allontanarci da zone sicure per riportarci nel più temibile maelstrom. Neppure il mellifluo flauto di Bresolin, ci salverà.
Disco cupo, difficile, spesso indigeribile eppure ricco di fascino nascosto e disintegrante. Scelta coraggiosa, per pochi, in effetti. 



L'IMBROGLIO - Introspettivo / CD, RES, 2005
di Vincenzo Giorgio

Per l’attento osservatore del panorama alternativo italico, L’Imbroglio (progetto dietro il quale si cela il batterista/compositore trevigiano Lucio Bonaldo) non dovrebbe essere una novità. Due significativi interventi in altrettanti tributi ad aree seminali della musica non convenzionale: Canterbury (The Collapso dei National Health in To Canterbury and Beyond – Mellow Records) e King Crimson (Providence in The Letters – Mellow Records). Illustri precedenti che ci hanno mostrato l’afflato creativo di Bonaldo: l’attrazione per certa commistione rock jazz abbinata ad una dimensione più marcatamente improvvisativa. Anche se quest’ultima pare essere la strada in cui il percussionista di Treviso si sta gradualmente indirizzando, Introspettivo rappresenta un momento di distesa sintesi tra scrittura ed improvvisazione dove la ricerca timbrico-materica ben si sposa con la violenta istintualità di un jazz messo tra virgolette e intelligentemente incrociato con certa elettronica di sapore (anche) minimalista. Musica difficile da raccontare (e questo è già un grandissimo pregio) per il suo inafferrabile zigzagare in un caleidoscopio irrefrenabile di riferimenti che conducono ad “altro”. Sì, mi sento di usare questo oscuro aggettivo ormai desueto e forse dimenticato: “originale”. Credo che questo sarà un lavoro che piacerà innanzitutto a chi ha apprezzato la ricerca degli Anatrofobia o l’endemica inquietudine degli Zu. Due riferimenti ideologici più che compositivi, d’accordo, ma che ben descrivono il viaggio di Bonaldo, ben simboleggiato dall’omonima traccia inaugurale che abbina le liquide cadenze del vibrafono di Luca Carrara con abrasive dissertazioni ritmiche post-strawinskjane. Molto bella anche Mickey Finn, amplesso tra elettronica e violente folate free che rimandano a certe cose di Zorn, così come i due gioiellini: Ottobre e A ruota che vedono un ottimo Francesco Calabrò al basso a conferire una intensa densità musicale che sa addirittura aprire spazi “post-rock”. Interessante anche il “minimalismo prog” di Frog in Fog dove fanno capolino in due Apryl Alberto Cellotto (chitarra) e Giorgio Riondato (basso). Su tutti i dodici musicisti spicca, ovviamente, Bonaldo sia a livello compositivo (i “tredici pensieri sonori” sono tutti a sua firma) che a livello esecutivo: il suo è un drumming creativo, costantemente teso alla “ricerca di un suono”. Non è un caso che, ultimamente, abbia collaborato con un grande ricercatore dello strumento: Roberto Dani. Insomma un gran bell'esordio. Uno degli ascolti più interessanti di questo 2005.